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"Dall'Inferno all'Infinito"

 
non uccidere

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TESTI E MUSICHE

Testi (estratti)

Dante Alighieri – La Divina Commedia
I canto
II canto (Incontro con Virgilio/Beatrice)
III canto (Ingresso nell’Inferno)
V canto (Paolo e Francesca)
XXXIII canto (Conte Ugolino )
XXXIV canto ( uscita dall'Inferno)
Pier Paolo Pasolini – Supplica a mia madre
Elsa Morante – Menzogna e sortilegio (inizio)
Patrizia Valduga – Cento Quartine (la Tentazione)
Madame Bovary ( estratto)
Victor Hugo -Pathmos
Giacomo Leopardi – L’Infinito
Cesare Pavese – Ultimo scritto

Elenco delle musiche

Giya Kancheli – Largo molto da Opera, diretto da Rudolf Werthen
Alberto Iglesias – Alice vive
Ry?ichi Sakamoto – Heartbeat
Samuel Barber – Adagio per archi e oboe, diretto da Leonard Bernstein
Musica etnica indiana
Amalia Rodriguez – Caminhos dos deus
Eleni Karaindrou- Depart and Eternity theme
Craig Armstrong – Laura’s Theme



LA NASCITA DELLO SPETTACOLO
Come altri miei spettacoli , e penso a Giovanna D'Arco, non ho mai messo in scena lavori 'finiti'. Forse per rispetto, per timore, la mia intuizione  vivida e precisa da subito ha avuto bisogno di praticare dal di dentro il lavoro per poterlo poi, nel tempo, nelle repliche , nel pensiero su di esso modificarlo , impastarlo ,sformarlo fino a renderlo simile se non uguale alla  mia intuizione originaria .
Il viaggio di Dante quella notte tra il 7 e l'8 aprile del 300 mi ha trascinato in un volo ininterrotto di apparizioni e immagini mentali che non potevano esaurirsi nelle sue immagini . Portavano con sè archetipi simili , assonanti e musiche  e sensazioni  che piano piano piano sono diventate  viaggio  interiore  ... e che ancora non sono esaurite .

Prima o poi sarebbe interessante  fare un opera  che mostrasse in ognuno dei suoi nodi, la diversità che vi si può presentare alla mente e tra cui essa sceglie l'unico seguito che sarà offerto poi  nel testo... Paul Valèry .



NOTE DI REGIA

La potente forza creativa dell’Immaginazione delle pagine di Hillmann e Citati accompagnano e forse spiegano (in parte) la discesa nel nero, nell’intima natura umana, che Dante mette in versi nei canti iniziali dell’Inferno (Divina Commedia); la sua ricerca e il suo incontro con le parti del Sé.
Nelle bellissime parole di Wagner, la forza della musica (che accompagna tutta la performance) diventa motore emotivo e precede, accompagna e amplifica il tormento delle passioni amorose (Paolo e Francesca), di abbandono (La Tentazione della Valduga), di ferocia come nel canto del conte Ugolino. Di abissi naturali che portano in scena anche figure materne e paterne: Pasolini, Morante.
Tutto rende la ricerca e il racconto interiore e poetico di Maestri lontani tra loro per epoca, un'unica grande anima che racconta le infinite vie della testimonianza del Sé..
Le parole di Umberto Eco e del grande psicanalista Galimberti accompagnano, noi uomini di oggi, nella comprensione del nostro Inferno interiore e dell’Infinito intuìto…Tutto percepito e a noi consegnato da un'unica fonte, l’Intuizione artistica, di uomini e donne  che hanno “cercato se stessi”(C.Pavese).

Nella mia intenzione, il desiderio forte di sradicare parole, testi, versi altissimi dalla loro collocazione “conosciuta” per restituirgli un “senso” originario e potente, sicura che la forza delle parole di Dante, togliendole dal canto e dalla storia, ci avrebbe restituito un senso originario, ci avrebbe condotto all’interno delle zone più dense, oscure e magnifiche dell’animo umano. Sicura che, seguendo un percorso di incontro con le sue figure di riferimento (Virgilio, il suo super-Io, Beatrice/Francesca e gli aspetti del Femminile, il Caos dell’Inferno, Ugolino, il Padre) si sarebbe potuta avvicinare intimamente l’ispirazione originale di Dante nell’affrontare la Divina Commedia. Senza paura dei tagli e senza paura di proseguire quel racconto con parole, e testi altissimi di altri autori, più vicini a noi, come Morante, Pasolini, Valduga.
A noi solo il merito di “esserci” e ”dire” e “ascoltare”. A voce alta… Col cuore e con la testa… E alla fine “e naufragar m’è dolce in questo mare/ e quindi uscimmo a riveder le stelle”. Forse...




   
 

RECENSIONI





STRETTO WEB-12 novembre 2015
Monica Guerritore incanta il pubblico di un Teatro Cilea pieno

Una Monica Guerritore luminosa dentro il buio di una scena essenziale: questa è la prima immagine per il pubblico di un Teatro Francesco Cilea gremito e vibrante. “Dall’Inferno all’Infinito” è stato un viaggio puro, incontaminato, la strada che l’artista non solo ha percorso ma ha creato: come in un turbine emozionale, ha marcato i suoi passi come una guida che ha saputo riconoscere un percorso fatto di letteratura, parole, sensazioni, suoni.
( cont.) Nello spettacolo conclusivo del Festival Miti Contemporanei, la Guerritore ha proposto un finale così suggestivo e coinvolgente che i tantissimi spettatori del Teatro Comunale di Reggio Calabria (ma arrivati da tutta la Calabria e anche dalla Sicilia) difficilmente lasceranno andare. La scelta di classici della letteratura apparentemente incompatibili, sommata ad analisi di studiosi della psiche, nasce dalla lettura di Re-visione della psicologia di James Hillman: “Un viaggio libero che poteva perfettamente muoversi verso altre parti. D’altronde se si precipita dentro uno spazio ?altro? nascono naturalmente esiti che danno corso a una moltitudine di parole, di vibrazioni, di suoni o anche evocazioni. Questo è il mio spettacolo”. La Guerritore mantiene le promesse e avvia la sua performance da una discesa agli inferi descritta da Dante Alighieri ma facendo luce su nuove attinenze e affinità che lei sola ha saputo liberare: in quel nero narrato si fanno strada archetipi atemporali che aiutano a comprendere il grande potere selvaggio dell’anima. Emergono le figure genitoriali attraverso il padre che divora i figli con la ferocia disperata recitata nel XXXIII canto del conte Ugolino, o nella lettura di “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. Momenti altissimi che danno merito a un’investigazione sui processi di condizionamento che si ripetono nei secoli: “A me non importa che Ugolino sia vissuto sul serio, che storicamente sia stato rinchiuso in una torre con i figli e li abbia sbranati per fame” dichiara la Guerritore riferendosi a un modello riconosciuto e ben identificato di struttura paterna che divora metaforicamente la prole. Ciò che sul palcoscenico conta, unendosi con la figura castrante di una madre dipinta da Pasolini come (…) “insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data”, è il problema primordiale di “ritrovarsi sempre di fronte – per tutta la vita – queste figure come Fiere giudicanti”. L’artista non trascura nemmeno i riferimenti alle affettività con le ferite d’amore, interpretando una suggestiva Francesca del V canto dell’Inferno e fondendo anche le cicatrici che Gustave Flaubert in Madame Bovary era riuscito a descrivere con artificio.
“Perché le cicatrici – afferma la Guerritore -
riescono a fare diventare i percorsi del cuore obbligati; e chi ha sanguinato una volta sanguinerà sempre, chi ha sofferto una volta sempre soffrirà”. Ma il dolore che narra non è mai vuoto o fine a se stesso: è la ricerca che a lei interessa , indagando attraverso i brani di Paul Valery, Victor Hugo, Cesare Pavese, dentro quel nutrimento ricco di significato per la spiritualità dell’individuo. Che l’artista di origini calabresi riconosce, ripulisce dalle schegge del patimento e offre al suo pubblico immerso in un silenzio rapito e incantato grazie all’esperienza di Giacomo Leopardi e “L’Infinito” che, attraverso la voce, i gesti e i suoni, porta il pubblico verso la via d’uscita obbligata e ambita del suo “naufragar” dolce”. Così Monica Guerritore permetterà a se stessa – rapita da una ispirazione altissima – e agli spettatori che seguono ogni più piccola orma dei suoi passi, di uscire dal buio “a riveder le stelle” con l’ultimo verso dell’Inferno. E se non questo non basta a distaccarsi dal nero, la Guerritore sa che la salvezza dimora sempre lì, in quella contaminazione di arti che ha messo in scena grazie alle musiche superbamente scelte e ad Apollinaire che racconta, infine, come per riuscire a volare più che la forza di volontà, spesso serve una spinta: “Li spingemmo oltre il bordo. E volarono.” L’artista, a fine spettacolo, chiama sul palco lo staff del Festival Miti Mediterranei: “Sono loro i veri artefici di tutto questo” dice sorridente di fronte a un pubblico che non smette di acclamarla. E le sue origini calabresi che, come dichiara spesso, nella vita le hanno regalato forza e determinazione nei momenti più duri, si sciolgono in una dedica sentita alla madre: “Lei, che è mancata da poco tempo, sarebbe stata davvero felice di vedervi qua stasera”. E come un’antidiva dopo lo spettacolo si ferma col suo pubblico, mettendo da parte tutti i segni della stanchezza; per donare ancora sorrisi, baci, abbracci, parole e frammenti di incanto a tutti coloro che fanno fatica a lasciare andare via dal cuore tutta quella speciale e poetica bellezza che Monica Guerritore ha consegnato.

ANTONIO CALABRÒ-Martedì, 10 Novembre 2015
LA GUERRITORE SBANCA IL CILEA

-Monica Guerritore si allea con la letteratura e sbanca il Cilea, decretando il successo del Festival dei Miti Contemporanei in un tripudio di applausi.
Il suo spettacolo “Dall’Inferno all’Infinito” è un grande omaggio alla parola scritta che nei secoli ha segnato il discrimine tra uomo e bestia; un viaggio di stampo alchemico del quale l’attrice, rivestita dell’Aura di un carisma sempre più forte, si fa al tempo stesso interprete e materia da plasmare ;(cont.) la Pietra Filosofale che sceglie per mutare è la grande letteratura, da Dante a Flaubert, da Hugo a Leopardi.
Alchimia del dolore; scena spoglia e luce appena bastante, la Guerritore doma il palcoscenico con la sua semplice presenza, con la sua voce mutevole, con il ritmo a tratti forsennato di una recitazione coinvolta. Il suo personale inferno trova l’Alighieri in soccorso, le sue belve-guardiane diventano l’archetipo assoluto di un limite e la scusa per strappare la paura, per balzare sospesa sul vuoto, affrontando il male con però accanto la salvifica essenza della poesia.
La sua recitazione trascende le parole. Diventa animalesca e senza tempo. Assume suono di belva ferita e sospiro di amante schiacciata dall’amore; diventa, nel proseguimento dei brani letterari, magma infuocato scevro di ragione e di psiche; trasforma il metallo vile in oro, ingorda di comprensione oltre ogni limite umano, oltre quella Siepe dannata e beata che il Giovane Favoloso pone tra noi e l’Ultimo Guardo; affianca Paolo e Francesca e cede alla commozione, scrive con Pasolini a tutte le madri, diventa Paul Valery e poi Ugolino. Addenta la sua ricerca, sfianca la comprensione umana, prende le ferite e le allarga come in preda ad una volontà sciamanica d’infinito.
Non c’è quiete, né promessa di vita eterna; non ci sono metalli preziosi al termine del processo alchemico che, come tutti i processi alchemici, partono dall’inferno, dalla A Nera di Rimbaudiana memoria, attraversano gli stadi della trasmutazione e solo se colpiti dalla violenza sovrumana dell’appartenenza definitiva, dell’amore infuocato e doloroso, giungono a compimento.
Il suo compimento è il balzo della libertà. Il salto verso un cielo che smette d’essere cupola di vetro e diventa essenza stessa del divenire; Monica Guerritore smette d’essere persona e diventa poesia. Senza luci, senza costumi, senza voce impostata da fine dicitore.
Le basta “recitarsi”, spegnere l’ego, per tramutarsi nell’essenza leggiadra di versi e scritti. Non declama, non finge, non inganna : è lei, una grande artista che plasma l’invisibile, e che reclama, per tutti, un infinito rassicurante, sapendo però che alla fine tutto ciò che resterà, fragile ma sfavillante come l’oro filosofale, sarà il ricordo che lascerà.
E sarà un gran ricordo.
Il Festival dei Miti Contemporanei si conclude con questa eccezionale interprete, culminando nel suo percorso durato cinque giorni in giro per la Provincia di Reggio Calabria.
“Li spingemmo oltre il bordo. E volarono …” ( G. Apollinaire)

Sipario
Un viaggio alla ricerca del nostro infinito

Come ad inizio Novecento, quando il pubblico andava a teatro per vedere l'attore mattatore e neanche si interessava a ciò che gli stava attorno, lo stesso si può dire di Dall'Inferno all'infinito. Lo spettacolo, molto semplice dal punto di vista registico, unisce testi tra loro apparentemente inconciliabili: parte con l'Inferno di Dante, per poi passare a Flaubert e arrivare a Leopardi; il tutto attraversato da citazioni di Pasolini, Proust, Cesare Pavese ed Elsa Morante. Ciò che lo rende straordinario è la maestria con cui la splendida Monica Guerritore ci conduce in questo viaggio, verso un infinito (evocato proprio dall'omonima poesia) che è la vita(cont). È un invito a buttarsi a capo fitto nelle esperienze, a non rimanere ancorati alle proprie cose, ma scoprire anche quei mondi che non esistono e che vivono solo nella propria fantasia. Come Elisa di Menzogna e Sortilegio, come Madame Bovary, dobbiamo avere il coraggio o forse la pazzia di andare oltre la realtà.
Il nucleo centrale dello spettacolo è sicuramente la Divina Commedia. Il famoso incipit della prima delle tre cantiche "Nel mezzo del cammin di nostra vita", accompagnato da potenti musiche suggestive, ci introduce nel clima dantesco. Successivamente la Guerritore con delicatezza ed immensa poesia ci racconta l'incontro con Virgilio, il primo con Beatrice (canto II) e quello con Paolo e Francesca (canto V), dialogando tra sé e la sua ombra proiettata nel muro. Per il conte Ugolino avviene una vera e propria trasformazione: per un attimo ci dimentichiamo la calda voce che abbiamo ascoltato finora e vediamo in scena un corpo bestiale e macabro. Nel passare da un canto all'altro e spiegare ciò che ha appena interpretato, l'attrice nella sua tradizionalità rischia di essere didattica e descrittiva, ma il potere della sua interpretazione cattura talmente tanto che diventa secondaria questa pecca.
La scenografia è costituita solo da alcuni parallelepipedi neri di legno in cui la nostra protagonista si siede tra una poesia e una lettura. Non occorre altro, basta la facciata della Chiesa di San Domenico di Arezzo alle spalle del palco ha creare la giusta suggestione.
Sara Bonci

Teatro. it
Il racconto di una vertigine

La vera magia però è stata quella dell'atmosfera che si è respirata il giorno dell'inaugurazione della stagione. Una discesa negli abissi insondabili dell'animo umano per poi salire, grazie alla cultura e all'immaginazione, alla vetta e da lì guardare lontano, al passato e al futuro, un po' come i nani sulle spalle dei giganti secondo una celebre citazione.( cont.) Si parte da Dante, appunto, da quell'Inferno che è già di per sé un percorso dal buio dell'ignoranza alla luce della conoscenza (uno degli scopi precipui del teatro, come dimostrato dalla stagione de “i Teatri di Sanseverino”). La figura di Beatrice si confronta con quella di Francesca, la forza di un amore mitico e granitico giunge capillarmente a tutti gli spettatori con emozioni di indicibile forza che hanno saputo commuovere molti. Il corpo dell'attrice si piega a terra, si rialza, si plasma come un crocifisso, si tende come un arco pronto a scoccare la freccia. Frecce sono le parole che centrano il bersaglio. Non vi è solo l'amore, ma anche l'amicizia, la conoscenza, il sentimento filiale: fanno la loro comparsa il conte Ugolino (figura vera o immaginaria poco conta, chiosa la Guerritore) e gli scritti di Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini per le rispettive madri. I versi dei poeti francesi Apollinaire e Valery incorniciano il finale della Recherche di Proust fino ad arrivare all'Infinito per antonomasia, quello di Leopardi, che della terra marchigiana è stato interprete magistrale: il mare pare davvero di ascoltarlo, di sentirlo echeggiare, di odorarlo.
Al termine qualche bis affidato a versi celeberrimi. Famosi sono però tutti i brani che la Guerritore presenta, raccordati tra loro con chiose, glosse e intermezzi in modo da acquistare un senso nuovo, così da costituire un vero e proprio viaggio salvifico ed emozionante come pochi altri. Un momento di alto teatro, che coinvolge la platea ammutolita, percorsa da una energia vibrante e palpabile. La magia che solo il teatro, certo Teatro, può creare.
In sala, come già detto, c'era il tutto esaurito; il pubblico ha tributato una vera e propria ovazione alla Guerritore e ha mostrato di apprezzare molto anche il discorso di ringraziamento tenuto da un commosso sindaco di San Severino, cittadina che il direttore artistico seguita orgogliosamente a chiamare “paese” magnificandone così le caratteristiche della vivibilità e dei rapporti umani stretti e familiari.

Interno 18- Cultura e Spettacolo
Svestiti i panni austeri di teatrante, Monica si ricopre dei fasti dell'interprete, di colei che si appassiona, che si anima nei ricordi e nella lettura di uomini e donne che hanno impresso, con pregio, forza e passione, parole inconfutabili riguardo all'essenza umana. Dall'Inferno all'Infinito rende la Guerritore un involucro trasparente e traspirante di emozioni, (cont.)una colata di parole messe insieme dalla consapevolezza del se, epitaffio sul marmo gelido dell'ingordigia, funereo canto all'attitudine del male ricoperto dal calore del bene. Da Dante, designato ad essere il traduttore più rappresentativo del rapporto dell'uomo con la paura dell'inferno, nella speranza del paradiso attraverso l'affronto delle sue infime paure e la passione d'amore di Francesca, si passa allo struggente dolore dell'abbandono di Patrizia Valduga nelle descrizioni della luttuosa fantasia nelle "Cento Quartine", metamorfosi incostante dello stato d'animo, come della malinconia di amori non corrisposti avvolti dalla menzogna in un celato sortilegio di Elsa Morante, fino alla supplica di Pasolini alla propria madre, in un complicato e platonico amplesso d' amore privo di condizioni: "E' difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio, tu sei la sola al mondo che sa del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore". Tra il fumo di una sigaretta e la tiepida luce del palco, cede all'interpretazione della ricerca di se stessi adottata da Pavese all' alba dell' "Ultimo Scritto", all'idillio della poetica, luce di sensazioni ineffabili nelle indagini emotive dell'anima di Leopardi, nell'infinito silenzio rotto dalla voce interiore. La sua completa umanità si concretizza con l'abbraccio che regala al Teatro Garibaldi, scendendo in platea tra i suoi affollati e plaudenti sostenitori della forza delle parole, che ricambiano sinceramente ad una splendida donna. Arrivederci Monica.

 

La Cronaca di Piacenza - Anastasia Aradelli
Monica Guerritore apre la Stagione del Teatro Verdi di Castelsangiovanni: “Dall’Inferno all’Infinito” regala una performance memorabile, di un’intensità straordinaria.( cont.) La voce roca, dal timbro caldo e inconfondibile, trascina lo spettatore nelle parole scritte dai grandi. La forza della parola, dei sussurrati che concentrano l’attenzione a fior di labbra, portano in scena autori della letteratura italiana in una nuova veste, depurata dagli schermi dell’interpretazione didattica e convenzionale. Come lei stessa ha dichiarato, parlando di questo spettacolo: <<Nella mia intenzione, il desiderio forte di sradicare parole, testi, versi altissimi dalla loro collocazione “conosciuta”, per restituirgli un “senso” originario e potente>>. E lo spettatore si ritrova travolto dalle parole, come imprigionato dall’incantesimo che solo la Guerritore riesce a creare con la sua voce, con le sue movenze streganti. Nella perfetta armonia tra suoni e parole, sussurri e sospiri, frasi concitate, la molteplicità dei gesti riesce a restituire emozioni contrastanti.
Monica Guerritore porta veramente dall’Inferno all’Infinito: trasformista, sotto ogni luce appare diversa, magica. Nello strazio dell’Inferno dantesco, trasfigurata dalle luci roventi, si abbandona poi in una luce fredda. Respira. I personaggi entrano, diventano parte integrante della donna che esplora la grande storia letteraria e costruisce su di sé lo spettacolo del sentimento.
Con forza, senza un’esitazione, corre da Dante a Pasolini alla Morante. Si tuffa in altre interpretazioni, passando per Hyllman e Citati, per poi spiccare il volo nell’Infinito leopardiano. Emozioni vere, senza confini, non costrette dalle impalcature del tempo e dello spazio, ma presentate semplicemente come umane, così come sono nate dalla penna di chi le ha scritte.
“Dall’Inferno all’Infinito”, lo spettacolo di Monica Guerritore è un viaggio tra le perle letterarie di grandi autori. Scrittori anche molto distanti tra loro, vengono collegati tra loro attraverso salti arditi, “attrazioni”, se così possiamo osare nel definire la forma artistica che la Guerritore utilizza in questo spettacolo: "In scena passo da un autore all’altro, semplicemente per associazione di sentimenti. Come dal padre Ugolino rappresentato da Dante, alla madre di Pasolini alla madre della Morante. Mi muovo nella letteratura pensando esclusivamente all’autore e a ciò che provava al momento della scrittura: la sua identità storica diventa del tutto ininfluente. Raccontano tutti una storia, fatta di sentimenti, di ferite, di emozioni".
Togliendo l’opulenza, l’iperletterario, tutto ciò che c’è di superfluo e di aggiunto, il testo, puro, si avvicina a chi l’ascolta. E lo sfiora, nel suo messaggio più reale.
"Togliendo il canto, dicendo semplicemente le parole, resta il testo e nell'Infinito Leopardi respira e spicca il volo nell’universo a riveder le stelle"
La Guerritore sorprende ancora cantando la canzone “Il corvo "di Mina.. ed appare appropriata in contrasto con la figura angelica di Beatrice nel contesto dell’Inferno. "Beatrice, chiaramente illumina Dante con la sua luce, ma in completo contrasto con questa immagine mi è venuta in mente l’immagine del dannato “con gli occhi piccoli e neri” che nell’oscurità precipita. Il testo ricorda al pubblico ciò che si può incontrare “nella città dolente” Un altro brano cantato, su testo di Patrizia Valduga ha nella forma del cabaret la maschera della donna perduta.
Anastasia Aradelli